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Come è stata realizzata la rivista 5W: Giornalismo di lunga distanza

on December 09, 2015 in Verkami Stories

Xavier Aldekoa, Mikel Ayestaran, Igor G. Barbero, Maribel Izcue, Agus Morales, Pablo R. Suanzes, Anna Surinyach e Quim Zudaire, un gruppo di giornalisti e fotografi specializzati in informazione internazionale, volevano portare al limite quello che amano di più: raccontare le storie accadute nel mondo. Allo stesso tempo si chiedevano se esistesse un settore dei lettori che volesse leggere cronache internazionali trattate in profondità/approfondite. Con questa incognita è nata la rivista 5W. Cinque W che rappresentano le domande (Who, What, When, Where, Why) a cui deve rispondere un articolo per fornire l’informazione completa di un evento. "Prima ci dicevano che dovevamo rispondere a queste domande nell’attacco”, spiega Agus Morales. "Ora, molti le vogliono mettere in un Tweet. Quindi abbiamo deciso di scrivere molto di più per le persone che vogliono leggere molto di più”. Attivo dallo scorso settembre grazia a una campagna di crowdfunding di un enorme successo, molto probabilmente quando starete leggendo quest’intervista, i redattori della Rivista 5W saranno da qualche parte in Africa, America del Sud, Asia, Europa o Medio Oriente cercando il chi, cosa, quando, dove e perché.

Texto: Oriol Rodríguez

Sono vari i progetti giornalistici apparsi negli ultimi anni che fuggono dall’approccio informativo dei media tradizionali. Vi siete ispirati ad alcuni di questi per iniziare la vostra avventura?

Moltissimi! Tutti i nuovi media che stanno uscendo negli ultimi anni ci sono serviti d’ispirazione. Non voglio fare nomi perché sono tanti. Ma credo che la Rivista 5W è un progetto abbastanza sui generis.

Progetto in cui le cronache a lunga distanza saranno il centro dei contenuti.

Le cronache a lunga distanza son quelle che vanno oltre l’attacco o il tweet, sono molto narrative e la presenza delle immagini è notevole. Siamo molto esigenti in quanto alla redazione degli articoli (passa almeno per due filtri) e questo rende il nostro ritmo più lento. Non possiamo competere, per esempio, con un’agenzia di notizie: il pubblico può trovare i fatti più immediati su altri media. Possiamo invece stare attenti all’attualità e approfondire temi che interessano al pubblico o almeno che pensiamo possano essere interessanti.

Non so se i giornalisti sono in crisi, ma il giornalismo è più vivo che mai

Manifestazione in Binnish, nel nordovest della Siria. Solo assistettero 1.000 persone; quella del giorno precedente, con 6.000 partecipanti era stata attaccata. La popolazione civile, spaventata, abbandonò la città. Marzo 2012. Fotografia di Ricard Garcia Vilanova / 5W.<br/>
Manifestazione in Binnish, nel nordovest della Siria. Solo assistettero 1.000 persone; quella del giorno precedente, con 6.000 partecipanti era stata attaccata. La popolazione civile, spaventata, abbandonò la città. Marzo 2012. Fotografia di Ricard Garcia Vilanova / 5W.

Piccole storie e grandi spiegazioni.

Le piccole storie fanno riferimento al giornalismo d'immersione, all’entrare completamente nella vita di una persona, a non avere paura di raccontare una storia e dimenticarsi di tutto il resto. Il pubblico è sempre più preparato a empatizzare con gente culturalmente molto distante. Le grandi spiegazioni sono una risposta a uno dei più grandi problemi dell’informazione internazionale: la mancanza di contesto. Vogliamo essere didattici e arrivare al pubblico. Vogliamo spiegare in modo chiaro cosa succede nello Stato Islamico o Boko Haram. E, soprattutto, vogliamo lavorare senza rumore/interferenze.

Dovuto alla sua quotidianità, la cronaca e la narrazione dettagliata/esaustiva sono gli strumenti migliori per descrivere un contesto e la sua realtà sociale?

Ogni mezzo e stile di comunicazione ha la sua propria funzione. Le notizie delle agenzie, per esempio, sono fondamentali per alimentare l’informazione di massima attualità. Noi stiamo cercando di riempire lo spazio della narrazione, dell’immagine e della riflessione in ambito internazionale. Tutte le velocità sono necessarie.

In un mondo sovrinformato, siamo sempre meno informati?

No. Io credo che il pubblico ha sempre più fonti di informazione, il problema è decifrare questo immenso labirinto di lettere, rumore e immagini che è il mondo contemporaneo.

Non è in crisi il giornalismo, ma solo il giornalismo stagnante, quello che resta sulla superficie della storia?

Non so se i giornalisti sono in crisi, ma il giornalismo è più vivo che mai.

Nella Rivista 5W risalta il protagonismo della fotografia, sicuramente uno degli ambiti più maltrattati ultimamente durante gli ultimi anni della professione del giornalismo.

Gran parte del successo che ha avuto la nostra campagna di Verkami è dovuta all’importanza che abbiamo dato all’immagine. C’è una generazione straordinaria di fotografi che sta avendo molta eco nei media internazionali e che forse non stanno trovando il loro posto. Noi volevamo che stessero vicino a noi. Sono fantastici.

La campagna su Verkami ci è servita per sapere se il pubblico voleva che l’iniziativa andasse avanti

5W si avvicina al lettore, cosa finora poco comune in altri mezzi di comunicazione, lasciando scegliere al lettore i contenuti.

La prossimità è un’altra delle chiavi di 5W. Quando abbia proposto che i mecenati scegliessero che tema dovevamo trattare, personalmente non pensavo che la gente avrebbe risposto in massa. Invece l’ha fatto. Vogliono far conoscere la loro opinione, suggerire temi, viaggiare con te. Ed è magnifico. Il lettore non sceglierà i contenuti (questo dobbiamo farlo noi), ma vogliamo avere una relazione stretta con i nostri soci perché ci dicano cosa gli piace e cosa no.

Momenti prima del salvataggio. Non c’è spazio a bordo dei canotti gonfiabili che attraversano il Mediterraneo. Luglio 2015. Fotografia di Anna Surinyach / 5W.
Momenti prima del salvataggio. Non c’è spazio a bordo dei canotti gonfiabili che attraversano il Mediterraneo. Luglio 2015. Fotografia di Anna Surinyach / 5W.

### Organizzate anche dibattiti e iniziative online tra i lettori e i redattori della rivista.

Sì, questo fa parte della nostra politica di prossimità. Il giornalista (e ancora meno il corrispondente all’estero) non può stare di schiena al pubblico. Vogliamo aprire un canale di comunicazione con la gente. Vogliamo che i nostri soci si sentano partecipi del progetto. E questo vuol dire entrare in contatto mediante internet o atti presenziali. E dare anche uno spazio ai soci perché possano partecipare, possano dire la loro.

Oltre a tutto quello che abbiamo detto, cosa otterranno col passare degli anni i soci di 5W?

L’idea è offrire un prodotto integrale. I soci hanno diritto di accesso illimitato alla web, che vuol dire accesso ai contenuti in profondità prima che vengano pubblicati pubblicamente. Riceveranno a casa la rivista cartacea, redatta con cura e protagonizzata dall’immagine e dalla narrazione. Avranno accesso ai podcast per informarsi su cosa succede nel mondo. Organizzeremo degli atti di 5W orientati ai soci. Ricevono anche una newsletter mensile con il riassunto dell’attività internazionale (qui potete trovare tutti i dettagli).

Un progetto come 5W si può solo concepire partendo dal micromecenatismo?

Il micromecenatismo è un modo di iniziare un progetto. Ma non è l’unico, e questo vale anche per un progetto come 5W. È anche vero che non avevamo nessun’altra impresa che ci appoggiasse e quindi il micromecenatismo era una via logica. A noi è servito soprattutto per sapere se il pubblico voleva che l’iniziativa andasse avanti. Per noi la campagna su Verkami è stata un’esperienza fantastica. Ci ha spinto a fare di più, molto di più. Ma sicuramente non è l’unico modo.

Il micromecenatismo, comunque, offre questo grado d’indipendenza di cui ha bisogno un’avventura giornalistica come 5W?

Almeno ti dà legittimità. Ricevi la forza delle persone che ci sono dietro, delle persone che ti hanno appoggiato per portare avanti il progetto. Hai una specie di mandato, di obbligo morale.

Comunque, l’indipendenza economica è molto difficile da raggiungere.

Della serie '>
Della serie 'Cammino a Europa' di Olmo Calvo / 5W.

Di fatti anche voi siete stati mecenati.

Io personalmente ho sostenuto Libya Close Up di Ricard Garcia Vilanova, l’Annuario dei Silenzi Mediatici e Me-Mo Magazine.

Perché Verkami?

Ci hanno aiutato molto sin dall’inizio e pensavamo che Verkami potesse essere un buon punto d’incontro con il pubblico che cercavamo. Ci ha ispirato molto la campagna che avevano fatto un anno prima, sempre su Verkami, gli amici di Critic.

La vostra campagna ebbe un successo sorprendente. Avevate un obiettivo di 25.000 euro e l’avete raggiunto in meno di 48 ore. Alla fine della campagna, la somma raccolta è stata di 50.000 euro. Come volevate trasmettere la campagna e quale credi sia stato il segreto del vostro successo?

Non ci aspettavamo questa risposta del pubblico, davvero. Sono stati giorni indimenticabili. Abbiamo riflettuto molto prima di lanciare la campagna. CI sono molti fattori che ne spiegano il successo. È un progetto corale. C’era una nicchia. Abbiamo cercato di parlare di quello che volevamo fare, non di chi eravamo: nel video di presentazione, per esempio, non appariva chi stava dietro al progetto, ma il nostro lavoro. Siamo abbastanza trasparenti. Penso anche che 5W ha un tocco romantico che non passa inosservato.

Fotografia di Carlos Cazurro che illustra l’articolo
Fotografia di Carlos Cazurro che illustra l’articolo 'Desde el exilio del desierto' di Cristina Sánchez / 5W.

Com’è stata la relazione coi mecenati durante la campagna?

Quando superammo i 25.000 euro e proponemmo un nuovo obiettivo, mi sorprese nuovamente la reazione del pubblico. Gli abbiamo fatto scegliere tre servizi e questo ha motivato molto i mecenati. Io pensavo che forse non avrebbero partecipato tanto. Ho imparato la lezione.

Com’è stato il lancio della rivista e com’è stata ricevuta?

Per ora è stata ricevuta molto bene. Abbiamo cominciato da zero e credo che il pubblico abbia apprezzato l’aspetto della nostra web: pulita e con predominanza dell’immagine. Un posto dove leggere e guardare, su Internet. Ora l’obiettivo è arrivare a un pubblico maggiore. Abbiamo anche fatto feste d’inaugurazione per i soci. Ci siamo divertiti. E spero che anche i nostri soci. A Barcellona ci ha accompagnato Ariadna Oltra e abbiamo parlato su Skype con Mikel Ayestaran (dalla Siria) e con Igor G. Barbero (Bangladesh). A Madrid l’atto è stato presentato da Ana Pastor e ci siamo connessi con Pablo R. Suanzes (Bruxelles), Xavier Aldekoa (Senegal) e di nuovo con Ayestaran, e abbiamo anche organizzato una tavola rotonda sui rifugiati con Nicolás Castellano, Cristina Sánchez, Santi Palacios e Anna Surinyach. Sono stati atti molto speciali. Ci siamo sentiti circondati da persona con il nostro stesso entusiasmo: i soci.

Presentazione MAD5W nel Centro Culturale Galileo. Luca Piergiovanni.
Presentazione MAD5W nel Centro Culturale Galileo. Luca Piergiovanni.

Tornereste a collaborare con Verkami? Per esempio per pubblicare alcuni dei vostri libri.

Non ci avevo pensato! Arriverà il momento direi.

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